SOLIMBERGO

Due sono le vie d’accesso alla frazione di Solimbergo situata a nord del capoluogo, dall'altra parte del col Palis: la prima, la più antica e suggestiva, costruita sicuramente su una vecchia mulattiera molto ripida, s’inoltra tra il folto bosco del colle ricco di faggi, castagni e acacie. Arrivato in cima alla salita, il visitatore trova sulla sua sinistra una strada forestale che innestandosi su un antico sentiero porta alle rovine del castello di Solimbergo. Proseguendo dritto, invece, si arriva dopo una lunga e piacevole discesa nel centro di Solimbergo. Questa strada venne sostituita nel 1915 da quella più rapida e larga (l’attuale SS 552 del Rest) che fiancheggia il colle e che dopo aver oltrepassato una piccola galleria conduce con una breve discesa all'entrata del piccolo borgo.

Le prime notizie storiche relative a Solimbergo (dall’antico tedesco sconi “bello” e berg “castello”) appaiono su un atto nel 1196 con il quale Almerigo, signore di Castelnovo, da 10 mansi di sua proprietà al Vescovo di Concordia che, in cambio, lo investe della metà di un colle presso “ville de Subcollibus” (Sequals) affinché vi completi la costruzione di un castello denominato Sonenberg. Nel secolo successivo risultano insediati signori feudali di probabile origine carinziana che dal sito acquistano il loro predicato. Il castello passa in seguito ai signori di Flascheberg (Carinzia), quindi a un ramo dei di Flagogna e da questi, nel 1384, definitivamente ai signori di Spilimbergo. Cessata la sua funzione difensiva, il castello diventa la residenza di un capitano che amministra la giustizia e riscuote le tasse sul territorio per gli Spilimbergo. Nel XVII secolo, il castello è abbandonato e molto presto cade in rovina. Oggi appare come una piccola dimora fortificata di 550 mq di superficie cinta da un muro che, originariamente, si ergeva per una notevole altezza. Nel centro della struttura si alza una torre quadrata, dalle mura spesse circa un metro e mezzo, in cima alla quale lo sguardo spazia, da ovest a est, sulle montagne della pedemontane friulana occidentale mentre sulla sinistra si può ammirare la striscia bianca e sinuosa del gretto del Meduna. Dal 1997 il sito è oggetto di una minuziosa indagine archeologica e, contestualmente, di un recupero strutturale. La campagna di scavo del 2001, in particolare, ha rilevato tracce che fanno pensare ad un’occupazione del luogo già nel lontano VII secolo, in piena epoca longobarda. 

La storia di Solimbergo è segnata dalle lotte che videro fronteggiarsi il Patriarcato di Aquileia e i feudatari locali, i conti di Gorizia e i signori di Treviso. Nel 1337 Sequals e Solimbergo vengono interamente incendiati e distrutti dalle masnade Carraresi. Seguono la sanguinosa incursione dei turchi nel 1436 e la guerra tra Venezia e l’Impero austriaco alla fine della quale il territorio di Sequals, insieme al feudo di Castelnovo, passa sotto il dominio della Serenissima e viene assegnato alla famiglia dei Savorgnan.

La prima relazione scritta relativa a Solimbergo data del 10 gennaio 1606. Redatta dal podestà Leonardo Avon, descrive un borgo composto da 82 anime divise in 9 case con 89 animali, 329 pecore e 63 capre.

A quell'epoca era già iniziato il viavai dei terrazzieri locali verso Venezia dove lavorano ai terrazzi dei palazzi della città. Allora arrivavano direttamente da Solimbergo con i loro strumenti di lavoro e la materia prima da utilizzare (in particolare i sassi del vicino Meduna). Generazioni intere di Mander, Avon o Crovato ebbero modo di farsi valere per il loro talento nella città lagunare e quindi via per il mondo. Ricordiamo in particolare Giuseppe Crovato terrazziere del Palazzo Ducale o Romualdo Mander mosaicista di San Marco.  


LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA DI SOLIMBERGO

Come si evince da alcuni documenti dell'epoca, la costruzione della Chiesa parrocchiale di Solimbergo derivò da una lunga diatriba tra la comunità di Sequals e quella di Solimbergo. Già una prima vertenza, datata del 1641, era dovuta al fatto che i solimberghesi non volevano pagare le spese per il restauro del campanile di Sequals. Una seconda vertenza, sempre per il campanile, ebbe luogo nel 1670. 

Per lo svolgimento dei riti religiosi i solimberghesi avevano a disposizione la chiesettta di Santa Fosca, piuttosto mal ridotta e sempre invasa dalle acque. Appena eletto cappellano nel 1755, Don Giovanni Vedova s'impegnò per la costruzione di una nuova chiesa. Nel 1758 il Vescovo Erizzo diede il suo benestare per l'erezione del nuovo edificio e tra il 1759 e il 1763 Don Vedova acquisì personalmente il terreno scelto per la costruzione della chiesa, del campanile, della canonica e del cimitero. 

Il parroco di Sequals Don Ottavio Trieste pose la prima pietra della nuova chiesa il 14 gennaio 1760. Nel gennaio 1763 il tetto era già ultimato. Dalla demolizione della vecchia Santa Fosca vene ricavato il materiale per il campanile, la canonica e il sagrato. Il terrazzo alla veneziana fu realizzato nel 1768 mentre dallo smembramento della chiesa di S. Angelo di Venezia arrivò l'altare maggiore. Il 20 ottobre 1773 il vescovo Luigi-Maria Gabrieli consacrò la chiesa sotto la protezione dei Santi Nomi di Gesù e Maria. Ma la separazione dalla parrocchiale di Sequals doveva rilevarsi alquanto ardua. Il 1 dicembre dello stesso anno il parroco di Sequals fece sapere che vi si sarebbe esposto. Alla richiesta di una delegazione di solimberghesi capeggiata da "due delli Manderi e due delli Avoni", il vescovo rispose che nulla si poteva fare prima della morte del parroco di Sequals... che avvenne il giorno dopo! A maggio una relazione fu inviata al Comune di Sequals, al vescovo di Portogruaro e ai magistrati della Repubblica di Venezia. I sequalsesi risposero con un contro-memoriale che smentiva le lamentele dei solimberghesi che volevano la separazione. Finalmente il 19 dicembre 1777 fu emanato a Venezia il decreto che concedeva la creazione della nuova parrocchia dei SS Nomi di Gesù e Maria, seguito il 21 maggio 1778 dalla Bolla ecclesiastica del Vescovo che nominava parroco di Solimbergo Don Giovanni Vedova. 

(collezione privata)


LA FORNACE DA CALCE

Sulla stradina immersa nel bosco che porta verso il torrente Meduna, è ben visibile una fornace da calce la cui produzione si diffuse nelle nostre zone a partire dal Cinquecento (quando si passò dalle abitazioni costruite per la maggior parte in legno a edifici costruiti con le pietre dove la calce serviva da legante) fino alla metà del secolo scorso. La calce era usata anche nei trattamenti di alcune malattie delle piante da frutto e della vite, e come disinfettante per combattere le malattie infettive e le epidemie che colpivano sia gli animali che gli umani. Veniva usata anche nello famoso e temuto scherzo della "purcita" dove due fidanzati di fresca rottura venivano uniti da una linea bianca tracciata in piena notte (da amici burloni) lungo il percorso che univa le case dei due giovani. 

La scelta della "location" solimberghese non è frutto del caso: qui in effetti non mancavano né l'acqua (necessaria per convertire la calce viva in calce spenta), né il legname (usato per alimentare il fuoco della fornace), né tanto meno i sassi bianchi destinati a diventare calce. L'aspetto integro di questa fornace, costruita negli anni 1940, fa pensare non sia mai entrata in attività.  

 

Esterno della fornace da calce di Solimbergo con la bocca d'ingresso del forno.


LA GUERRA DI LIBERAZIONE 

A Sequals, rimasto fuori dalle zone di azione per motivi strategici essendo posto all'imboccatura di una delle vie di comunicazione verso la montagna, la seconda guerra mondiale si fece sentire a partire dalla fine del 1943 con le incursioni notturne dell'aereo Pippo e, dalla primavera del 1944, episodi di sabotaggi e furti di armi da parte dei partigiani provocarono alcuni eventi spiacevoli. 

Il 13 aprile 1944 furono arrestati e trasferiti al carcere di Udine alcuni uomini tra i quali i fratelli Igino e Giovanni Toson che, essendo riusciti a nascondere per tempo le armi e i documenti pericolosi, vennero rilasciati dopo qualche tempo mentre la sorella Dorina (Enrica) che faceva da corriere, arrestata a un posto di controllo, fu liberata solo alla liberazione alla fine dell'aprile 1945.

Il 6 agosto i soldati tedeschi, avvisati di un furto di bombe a mano presso la polveriera di Tauriano, fecero radunare sulla piazza di Sequals tutti gli uomini che trovarono per strada; alcuni riuscirono a scappare sulla collina tra i quali Livio Del Frari e Vincenzo Patrizio che portarono con loro le chiavi della chiesa. Per poter entrarvi i tedeschi dovettero forzare il portone a colpi di mitra danneggiando i banchi e i gradini del presbiterio ma non trovarono nulla. In realtà le armi erano state nascoste dietro il campanile! Per ripicca i tedeschi caricarono tutte le persone radunate in piazza (circa 80) e le portarono al comando di Spilimbergo. L'intervento del podestà Gino Zanelli e del sig. Gustavo Mora che sapeva il tedesco sbloccò la difficile situazione e tutti furono liberati in serata. 

Il 12 settembre fu perquisita la casa del parroco dove vennero trovate le sprovviste destinate ai partigiani. Don Dalla Pozzo si giustificò sostenendo che erano invece destinate alle famiglie più bisognose.

Come atto di forza verso la popolazione e ritorsione verso i partigiani, il 25 ottobre furono fermati e portarti al carcere di Spilimbergo, dove rimasero 10 giorni, i notabili del paese: il parroco Don Dalla Pozza, il medico Luigi Sandini e il farmacista Antonio De Bortoli. Ancora una volta l'intervento del podestà Zanelli, di Gustavo Mora e Igino Toson (detto il Moro), presidente del CLN locale, fu risolutivo. 

A settembre un'azione da parte di partigiani scesi da Castelnovo che fecero prigioniero un tedesco provocò la reazione dell'occupante che minacciò ritorsioni sulla popolazione di Lestans se non fosse stato subito liberato. Luigi Bortolussi (Marco) convinse i partigiani a liberare il soldato e il pericolo fu sventato. 

Nell'inverno del 1944 arrivò a Sequals un battaglione di soldati cosacchi (con le relativi famigliari e un sacerdote ortodosso al seguito) ai quali fu affidato il presidio di Solimbergo. Questo stesso presidio fu attaccato dai partigiani il 27 aprile. I cosacchi attraversarono il Meduna e si ritirarono verso Colle. Qui il 28 aprile nella battaglia tra i partigiani della III Compagnia del Pisacane e i tedeschi/cosacchi, il giovane partigiano Clemente Colesan (Alfio) fu colpito a morte. Lo stesso giorno i partigiani della Osoppo trincerati a Clauzetto si radunarono a Lestans e assieme ai Garibaldini si diressero verso Spilimbergo che fu liberata il 2 maggio.

 

Il Comune di Sequals conta nella Guerra di Resistenza e di liberazione:

- 3 caduti in combattimento (il militare Antonio Falcomer; il partigiano Clemente Colesan "Alfio", il partigiano Mattia Zanier "Anez")

- 3 caduti in campo di prigionia in Germania (Raul Goi "Tell", partigiano della Divisione Garibaldi Sud Arzino; il militare Olindo Corazza, il militare Luigi Di Valentin)

- 77 partigiani riconosciuti di cui 5 feriti;

- 2 patrioti riconosciuti;

- 7 collaboratori riconosciuti.


Solimbergo visto dal Castello.